06 Feb Essere wine teller, il cicerone in cantina
Accompagnare visitatori in vigna e in cantina sembra una mansione facile, persino divertente. Ma sii sincero: ti è mai capitato, durante un wine tour, di reprimere uno sbadiglio? E ti ricordi quando ti auguravi che quel supplizio verbale terminasse subito, per goderti la degustazione finale?
Un wine teller, un narratore di cose di vino, non annoia: coinvolge ed emoziona.
Chi ha seguito le mie visite guidate in Ca’ del Bosco e, più recentemente, in Berlucchi (nella foto, precedo i visitatori nella cantina datata 1680 dell’azienda) ha testato l’accento che metto sulle emozioni. Aneddoti, ricordi storici, curiosità tecniche diventano materia viva, che sottolinea lo spessore umano e professionale dell’azienda e la avvicina alle persone.
Certo, anche la maniera di raccontare ha il suo peso: il teatro, praticato negli anni giovanili e in seguito i corsi di public speaking mi hanno aiutata. Ma non basta essere affabulatori se mancano i contenuti: non più, con un’audience sempre più competente e critica.
Personalmente, faccio un lavoro di ricerca della storia aziendale per trovare quei dettagli, magari in apparenza poco significativi, che fanno la differenza; peculiarità che inserisco nel contesto storico, sociale ed economico in cui si è mossa, e si muove, l’impresa.
Il tutto narrato con leggerezza, adattando il tono di voce e il livello di approfondimento alle esigenze del gruppo in visita. Perché il wine teller è solo uno strumento, in primo piano deve sempre restare l’azienda.
Questo tipo approccio nel tempo mi ha regalato belle soddisfazioni. Il complimento più gradito è arrivato l’anno scorso da un sommelier AIS: al termine della visita, mi paragonò nientemeno che a Marco Paolini. Un elogio così ripaga della fatica di sorridere ai visitatori anche nelle giornate di pioggia!
(Foto Archivio Berlucchi)